Commento di Rita Bompadre a “Cronache dalla terra di nessuno” di Maria G. Massironi
Cronache dalla terra di nessuno di Maria Giovanna Massironi (Albaccara Casa editrice, 2020) è una raccolta poetica intensa che assorbe dalla consapevolezza del dolore la linfa vitale e compassionevole della memoria. La poesia di Maria Giovanna Massironi accoglie testi arrendevoli al disagio emotivo e resistenti al vincolo della speranza. L’autrice genera, attraverso una persistente confessione quotidiana, l’apprensione del proprio stato d’animo, la sofferenza dei giorni e delle notti, scandita dall’irrequietezza dei pensieri, in balìa del segnale della frattura esistenziale. Coglie la lesione dell’anima, una ferita accompagnata dalla malinconica amarezza di ogni sospensione della vertigine e dal profondo tormento per gli incubi e i fantasmi che si aggirano, crudeli e magnetici, nella sua mente. Maria Giovanna Massironi abita la terra di nessuno, il territorio conteso dai timori e dalle incertezze del vivere, il non-luogo della fluidità sensibile, il confine interpretativo della propria identità.
Il libro confessa la rapida e spontanea evidenza dello smarrimento emozionale, sintonizza il fruscio segreto dell’umore, il silenzio nascosto dell’inadeguatezza. I testi, solo apparentemente frammentari, elaborati con la lealtà dell’impulso, donano il senso compiuto e graduale di una scrittura senza impedimenti, la libertà sincera di una funzione liberatoria, la capacità creativa di orientare le energie soffocate dall’affanno della perdizione. Cronache dalla terra di nessuno esprime una forma di premonizione istintiva, avvinta alla soglia del mondo interiore e all’esperienza delle sensazioni, collega l’ipotesi indefinita e disorientante delle difficoltà al riscatto di un orizzonte vagheggiato, varca la soglia della malinconia osteggiando l’inquietudine. Maria Giovanna Massironi resta “in limine”, sulla soglia dell’espressione, dona al lettore il suggerimento sentimentale per affidare alla vita sempre una straordinaria opportunità di rivendicare il proprio tempo.
L’occasione letteraria di sollevare le proprie riflessioni evidenzia il privilegio di tradurre l’oggettività delle pagine dense di significato, di comprendere l’avvicendarsi degli eventi patiti, di condividere l’importanza del vissuto, la commovente e indecifrabile percezione della grazia. La poesia gratifica ogni ispirazione individuale, estende la consistenza del respiro universale, sfiorando la complicità della resistenza. La provvisorietà di una bruciante esistenza collega l’influenza dei versi, disgiunge la frattura dell’anima, il duro scontro inevitabile con la realtà, coglie la complessità delle vicissitudini, l’enigma delle illusioni. La poetessa, con uno stile originale, convincente e attuale, segue sempre l’eco di una psicologica attenzione al monito della coscienza, nell’individuare la riparazione del torto, nel consolidamento temporale dello spirito.
Una poesia tratta dal libro
“Notte trentuno. Giorno trentadue”
Nella notte abbiamo perso un calzino.
Il destro per l’esattezza.
Pensando di fare bene
ci siamo tolti anche il sinistro
e abbiamo sbagliato.
Alle ore 5,28 siamo completamente
svegli con tutta la nostra disperazione
e i piedi gelati.
Sotto le finestre, niente storie
di lupi e di pirati.
Il cielo è azzurro e le strade sono deserte.
Niente ci consola.
Il giorno trentadue inizia
pieno di ansie e preoccupazioni.
Spegniamo la radio.
Ci sono cose che
non si possono più ascoltare.
Rita Bompadre – Centro di Lettura “Arturo Piatti”
facebook.com/centroletturaarturopiatti/
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Per gentile concessione di Rita Bompadre, Maria Giovanna Massironi, Albaccara Casa editrice